Castellammare di Stabia – riflessioni sull’ ecosistema del Bacino del Fiume Sarno

 – Riflessioni
I risultati del monitoraggio chimico-fisico di Goletta del Sarno confermano il grave grado di sofferenza del
Bacino del Fiume Sarno. I tratti iniziali del Fiume Sarno, anche se sottoposti a notevoli pressioni e per alcuni
parametri in sofferenza, rappresentano un piccolo ma significativo territorio da salvaguardare e
promuovere.
È importante ricordare e ricordarci che il fiume non nasce inquinato, ma subisce le aggressioni delle
carenze del sistema fognario-depurativo che non copre tutti gli insediamenti abitativi, dell’agricoltura che
usa fertilizzanti chimici e fitofarmaci, dell’industria che non tratta adeguatamente i propri scarichi idrici.
Una relazione dell’ARPAC sul monitoraggio delle acque superficiali del Fiume Sarno, presentata lo scorso
maggio alla XII Commissione del Senato, conferma il profondo grado di sofferenza del fiume e il persistere
di inquinamento da Cromo, che è stato rilevato anche dal monitoraggio di Goletta del Sarno.
La cronistoria degli interventi amministrativi ordinari e straordinari per il risanamento del Bacino del Fiume
Sarno ci mostra che dal 1973 ad oggi si sono susseguiti troppi interventi straordinari, spesso con ingenti
stanziamenti di fondi nazionali ed europei, con realizzazione di infrastrutture non sfruttate al pieno delle
loro potenzialità (come i nuovi impianti di depurazione) e grosse lentezze nel realizzare le reti e i collettori
fognarie. Sono stati individuati percorsi amministrativi virtuosi, come la costituzione del Parco del Fiume
Sarno e l’avvio della sub-perimetrazione del Sito di Interesse Nazionale per la Bonifica, cui però non si è
dato sufficiente sostegno politico-amministrativo.
Come segnalato dal Dossier di Legambiente ““AcQualeQualità?”, anche per il Fiume Sarno perché gli
obiettivi prefissati siano rispettati, è necessario dunque attuare non solo programmi di opere di
depurazione e riduzione degli scarichi, ma occorrono anche politiche integrate basate su:
1. piani strategici articolati in azioni che coinvolgono diversi attori (pubblici e privati, istituzioni,
associazioni, cittadini, tecnici ed esperti del settore) puntando a ridurre i prelievi e i carchi inquinanti,
ricorrendo anche a misure innovative e efficaci;
2. riqualificazione dei corsi d’acqua e rinaturalizzazione delle sponde, ovvero l’insieme delle azioni volte al
ripristino delle caratteristiche ambientali e la funzionalità ecologica di un ecosistema in relazione alle sue
condizioni potenziali, determinate dalla sua ubicazione geografica, dal clima, dalle caratteristiche
geologiche e geomorfologiche del sito e dalla sua storia naturale pregressa.

3. affrontare il problema dell’impermeabilizzazione dei suoli e della cementificazione delle sponde e degli
alvei dei corsi d’acqua, a partire dalle aree urbane. A tali fini, risulta indispensabile la tempestiva
approvazione di specifiche disposizioni in materia di limitazione del consumo di suolo ancora libero e di
miglioramento della risposta idrologica delle aree urbanizzate (SUDS: Sistemi Urbani di Drenaggio
Sostenibile).
4. favorire i processi naturali di fitodepurazione, applicandola anche ai sistemi di depurazione civile quanto
più possibile, e il riutilizzo delle acque ai fini industriali e irrigui. Su questo occorre creare le condizioni –
attraverso una riforma del D.M.185/2003 –che favoriscano realmente il riuso delle acque reflue, anche per i
vantaggi economici e ambientali che possono derivare dal recupero dei nutrienti – azoto e fosforo – in esse
contenuti

5. occorre migliorare in qualità e quantità l’impiantistica esistente specifica del trattamento delle acque
industriali (attraverso l’applicazione delle migliori tecnologie disponibili come indicato dalla stessa direttiva
IPPC), non permettendo il mescolamento delle acque reflue industriali con quelle civili per evitare che le
prime vadano a finire in impianti non idonei al trattamento specifico di inquinanti chimici. Per quanto
riguarda il settore industriale, bisogna inoltre intervenire e realizzare la bonifica della falda e dei suoli di
quei siti di interesse nazionale da bonificare che ancora oggi è ferma al palo.
6. sul fronte dei controlli ambientali è necessario rafforzare il sistema agenziale, coinvolgendo sia l’Ispra che
le Arpa regionali, per uniformare il monitoraggio su tutto il territorio nazionale ai requisiti indicati dalla
stessa direttiva europea.
7. armonizzare e coordinare i tanti livelli di pianificazione oggi esistenti in materia di risorse idriche,
facendoli confluire nel Piano di Gestione del Distretto idrografico, come previsto anche dalla direttiva
quadro sulle acque;
8. applicare strumenti di partecipazione adeguati, non semplici consultazioni su piani già chiusi, ma percorsi
che individuino, insieme a tutti i soggetti interessati, le criticità e le politiche da mettere in campo per
risanare e tutelare le risorse idriche nel nostro Paese. Esistono oggi strumenti quali i Contratti di Fiume, che
consentono, a livello di bacino o sottobacino, di supportare la pianificazione e programmazione all’interno
dei Distretti Idrografici, secondo un approccio integrato e multifattoriale e di integrare i Piani e le norme
sulla gestione e tutela delle acque.
L’obiettivo di Goletta del Sarno è costruire un modo concreto di vivere il Fiume Sarno e di stimolare una
discussione costruttiva per realizzare con serietà politiche integrate per investire sul Fiume Sarno
attraverso la riqualificazione, interventi di rinaturalizzazione, di prevenzione e mitigazione del rischio e
insieme di tutela degli ecosistemi. Il nostro auspicio è che vengano istituiti strumenti di condivisione e
luoghi reali fin dalle prime fasi della pianificazione e non formali richieste du osservazioni su piani e progetti
già chiusi e redatti

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