A Sarno ormai sembra talmente lampante la situazione critica in cui versa l’ospedale “Villa Malta” che le notizie passano silenziose: cittadini impotenti, rimpalli di responsabilità politiche, solleciti ad intervenire, sono il contorno di una situazione disastrosa. Là dove s’intravedono spiragli di luce, un’ombra nera aleggia e copre in parte quello che di buono si è tentato di fare. La rete di assistenza sanitaria locale vantava, anni addietro, un tessuto ospedaliero compatto. Al Villa di Malta afferivano – Villa dei Pini e una piccola realtà al centro del paese come il Santa Rita. Il plesso ospitava il reparto di ginecologia, culla di tanti sarnesi, e non solo, che qui hanno visto la luce e hanno emesso il primo vagito. Col tempo, un lento e costante disarmo, ha portato alla chiusura della maternità, mentre la frana del 5 maggio 1998 ha praticamente sventrato l’ospedale Villa Malta nel cuore di Episcopio e la conseguente chiusura di Villa dei Pini. All’epoca dell’evento naturale, quest’ultimo rimase isolato con circa una quarantina di pazienti ricoverati, furono tratti in salvo dai soccorritori con gli elicotteri. A osservare questo “libro sfogliato giorno dopo giorno” da fantasmi del passato c’è un presidio, edificato nei pressi del Duomo a Episcopio. Qui, da circa quarantacinque anni, riposa una struttura costata all’erario miliardi delle vecchie lire. Due piani pronti all’utilizzo e mai inaugurati. Oggi verte in uno stato di completo degrado e abbandono. La sua storia affonda alla fine degli anni 70, doveva rappresentare l’eccellenza, con funzioni di luogo di cura, di lungodegenza e riabilitazione. L’ospedale fu completato nei primi anni 80 per poi essere lasciato nel totale inutilizzo. Oggi, ufficiosamente, la sua mancata attività è dovuta alla “zona rossa” cui è situato. La struttura sorge su una parte di territorio a rischio idrogeologico, accertata da un’analisi fatta all’indomani dell’alluvione del 1998. Una cattedrale nel deserto, esempio dello spreso di denaro pubblico; il tutto mentre il territorio subisce un lento impoverimento dell’offerta sanitaria. E intanto tre verbi si coniugano ripetutamente: ridimensionare, sopperire, chiudere. La costante coniugazione istituzionale, cagione del disastro attuale.
Natasha Macri