I ricercatori di Oxford hanno osservato gli effetti collaterali su 800 volontari, ai quali sono stati somministrati sia AstraZeneca sia Pfizer
Da qualche mese ci si interroga sull’opportunità di “mixare” i vaccini AstraZeneca e Pfizer-BioNTech, effettuando il primo e la secondo richiamo con dosi prodotte da aziende diverse. Adesso uno studio, pubblicato in parte sulla rivista scientifica Lancet, sostiene la validità della combinazione tra i sieri. Secondo i ricercatori dell’Università di Oxford, infatti, l’inoculazione di due preparati diversi incrementerebbe il rischio di effetti collaterali non gravi, quali febbre, brividi, affaticamento, mal di testa, malessere e dolori muscolari, senza però alcuna preoccupazione per la sicurezza.

Quante persone, tra chi ha ricevuto dosi di vaccino diverse, hanno sperimentato effetti collaterali non gravi
A rendere possibile la sperimentazione, condotta in Gran Bretagna, 830 volontari dai 50 anni in su. Nel 34% dei casi, i ricercatori hanno osservato i leggeri effetti collaterali sopra menzionati, insorti fino quattro settimane di distanza dall’immunizzazione. Per fare un confronto, nei casi di utilizzo di AstraZeneca entrambe le volte, la febbre si presenta soltanto in un soggetto ogni dieci osservati.
Nei prossimi giorni arriveranno i risultati relativi a una platea più ampia di volontari (comprendente 1050 vaccinati) che hanno sperimentato un’ulteriore combinazione. Si tratta di Moderna e Novavax.
Cosa ancora non sappiamo sui rischi della somministrazione di sieri diversi
Nonostante il lavoro degli scienziati, qualche zona d’ombra ancora permane. Innanzitutto nessun under 50 ha partecipato all’indagine, quindi sugli effetti delle combinazioni di sieri sui più giovani, le incognite sono esattamente le stesse di prima.
Un altro nodo è rappresentato dalle dimensioni del gruppo sul quale gli scienziati hanno esercitato le proprie considerazioni. Ottocento persone non sono abbastanza per intercettare lo stesso tipo di conseguenze gravi emerse in occasione dell’impiego su vasta scala di AstraZeneca e riguardanti i tristemente celebri casi di trombosi.
Ma c’è un altra ragione che suggerirebbe prudenza. Lo studio non ha indagato la risposta anticorpale. Se sia maggiore, nessuno lo sa. Si tratta di un aspetto dirimente, qualora fosse necessario combinare gli effetti dei vaccini per contrastare le temute varianti o per donare ai pazienti uno scudo più duraturo contro il Covid.
Un altro vantaggio molto importante, che necessita di simili studi per essere usufruito, sarebbe l’accelerazione nella campagna vaccinale. Non c’è dubbio, infatti, che l’utilizzo di più brevetti nei richiami consentirebbe alle Regioni di meglio gestire le scorte. Al punto che alcuni paesi hanno deciso di muoversi in questa direzione già prima dello studio inglese, forti dei chiarimenti dell’EMA.
Ci sono poi casi particolari, per i quali la stessa AIFA prevede che la seconda dose non venga somministrata.
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