Covid 19, il vaccino della Pfizer efficace al 90%. La pandemia potrebbe presto essere domata

La notizia che l’azienda farmaceutica statunitense Pfizer e la tedesca BioNTech hanno sperimentato un vaccino anti covid, che funzionerebbe al 90% dei casi testati, si è diffusa su scala mondiale. Il vaccino si basa su una delle tecnologie più innovative e avanzate, adottata anche da altre due grandi aziende in corsa: la tedesca Curevac e l’americana Moderna, che nella ricerca sul vaccino contro la pandemia collabora con l’Ente statunitense di ricerca sulle malattie infettive, il Niaid diretto da Anthony Fauci, e con con la Coalion for Epidemic Preparedness Innovation. Tutti e tre i vaccini stanno affrontando la terza e ultima fase della sperimentazione clinica e tutti e tre sono vaccini a Rna.

Vaccini di questo tipo utilizzano la sequenza del materiale genetico del nuovo coronavirus, ossia l’acido ribonucleico (Rna), il messaggero molecolare che contiene le istruzioni per costruire le proteine del virus. Utilizzare l’Rna messaggero (mRna) è stata una scelta dettata dall’esigenza di riuscire a produrre vaccini in breve tempo, ottenendo una risposta immunitaria ottimale. L’obiettivo è somministrare direttamente l’mRna che controlla la produzione di una proteina contro la quale si vuole scatenare la reazione del sistema immunitario.

Nel caso del virus responsabile della pandemia la proteina è la Spike, l’artiglio molecolare utilizzato per agganciare le cellule sane e invaderle. Per trasportare le istruzioni e per indurre le cellule a produrre la proteina Spike vengono utilizzate minuscole navette fatte di lipidi. La proteina Spike è stata una delle prime a essere individuata, è ben nota e si è osservato che il sistema immunitario umano è in grado di riconoscerla. Non appena questo avviene, le difese dell’organismo stimolano la produzione di cellule B, che producono anticorpi, e di cellule T, specializzate nel distruggere le cellule infette.

Il vaccino provato in vitro e sulle cavie, dopo i test preclinici, condotti in laboratorio, così come succede per i farmaci, deve essere sperimentato sull’uomo in tre fasi che valutano la prima – condotta su un piccolo numero di volontari sani, deve dare risposte sulla sicurezza; la seconda su un numero più vasto di persone, deve dare le prime risposte sugli effetti e la 3, su numeri molto grandi, deve dare le risposte sull’efficacia. Quando sarà disponibile probabilmente saranno due le dosi da somministrare a distanza di 21 giorni, nei soggetti con età dai 16 anni in su. I primi lotti già pronti nelle prossime settimane, prevedono di essere in grado di fornire 50 milioni di dosi entro il 2020 e 1,3 miliardi entro il 2021, dopo il nulla osta delle agenzie di regolamentazione, statunitense prima ed europee poi.

 

 

 

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