L’alba del 24 Febbraio 2022 è macchiata dagli scenari bellicosi in terra Ucraina. Gli avvisi della Russia, quel voler camuffare lo schieramento militare intorno alla nazione con l’alibi degli addestramenti, in realtà ha un’altra natura, crudele, spietata, sanguinaria. Le truppe di Mosca hanno attaccato le città ucraine, nonostante diversi tentativi diplomatici, il presidente russo Vladimir Putin ha dato l’ordine di invasione, aprendo al mondo un conflitto concreto con devastanti ripercussioni su ogni fronte: politico, economico, sociale. L’origine del male, dell’ex funzionario del KGB russo, al suo quarto mandato da Presidente della Federazione Russa, verso l’Ucraina, ha origini lontane e profonde.
Tra il 19 e il 21 agosto 1991, alcuni membri del governo sovietico organizzarono un colpo di stato per deporre il presidente Michail Gorbačëv e prendere il controllo del Paese. I golpisti fallirono nel loro intento, questo affermò ancora di più la figura di Boris Nikolaevič El’cin, Presidente del Presidium del Soviet Supremo della RSFS Russa, il quale vi si era schierato contro, e che successivamente bandì il Partito Comunista dell’Unione Sovietica, e si fece promotore del processo di dissoluzione dell’Unione Sovietica, che avvenne il 26 dicembre dello stesso anno. Ammainata la bandiera rossa dal Cremlino, al suo posto viene issata quella bianca, blu e rossa della Russia. Vladimir Putin non ha mai ” digerito” il crollo del mito russo, definendo la divisione «la più grande catastrofe geopolitica» e l’Ucraina la perdita più dolorosa. In molti, scrive David Sanger sul New York Times, ritengono che Putin sia ora «in missione per correggere questo errore». Una missione che ha tutti i contorni di una vera guerra, un conflitto che ha dato le sue avvisaglie già nel 2014. Il popolo ucraino otto anni fa ha cacciato il presidente filorusso Viktor Yanukovich, che non voleva firmare il Trattato di associazione fra l’Ucraina e l’Unione europea, instaurando un governo ad interim filoeuropeo non riconosciuto da Mosca. Vladimir Putin ha risposto annettendo la Crimea e incoraggiando la rivolta dei separatisti filorussi nel Donbass , regione nel Sudest del Paese. Lo scorso anno poi, l’Ucraina ha approvato una legge che proibisce a 13 oligarchi di possedere dei media per influenzare la politica, colpendo direttamente l’amico di Putin, Viktor Medvedchuck, uno degli uomini più ricchi del mondo, leader del principale partito filorusso d’Ucraina, Piattaforma dell’Opposizione, e proprietario di un impero televisivo attraverso il quale diffondeva la propaganda di Mosca e influenzava la politica ucraina. Medvedchuck, accusato di alto tradimento, viene arrestato. Poco dopo Putin ha cominciato ad ammassare truppe al confine. A questo si aggiunge la volontà dell’Ucraina di entrare nella Nato. Un ingresso improbabile, perchè l’Alleanza Atlantica non ammette nuovi membri già coinvolti in conflitti, inoltre, l’Ucraina ha bisogno di combattere la corruzione che domina nel Paese e di intraprendere un percorso di riforme politiche e militari. Sul fronte russo Putin vede l’ingresso dell’Ucraina nel patto Nato come un punto di non ritorno. Il Cremlino vuole mantenere la sua sfera d’influenza nell’area, e vuole che la Nato rinunci alle sue attività nell’Est Europa, tornando alla situazione del 1997: da allora sono diventati membri dell’Alleanza atlantica Repubblica Ceca, Ungheria, Polonia, Bulgaria, Estonia, Lettonia, Lituania, Romania, Slovacchia, Slovenia, Albania, Croazia, Montenegro e Macedonia del Nord. Tutti Paesi che facevano parte del blocco Sovietico. Questo significherebbe che la Nato dovrebbe ritirare le proprie truppe dalla Polonia e dalle tre repubbliche baltiche, oltre che i propri missili da Polonia e Romania. Mosca inoltre accusa la Nato di riempire l’Ucraina di armi e gli Stati Uniti di fomentare le tensioni. Per questo Putin, parlando dopo l’incontro con il Presidente francese Macron del 7 febbraio, si è espresso anche sul suo arsenale atomico: «Lo capite o no che se l’Ucraina entra nella Nato e tenta di riprendersi la Crimea con mezzi militari, i Paesi europei saranno automaticamente trascinati in una guerra con la Russia? Ovviamente i potenziali militari di Russia e Nato sono imparagonabili, e lo sappiamo. Ma sappiamo anche che la Russia è uno dei Paesi dotati di armamenti nucleari, e che per alcune componenti supera il livello di diversi Paesi. Non ci saranno vincitori. Voi europei sareste trascinati in una guerra contro la vostra volontà». All’inizio del 2021 l’amministrazione americana pensava di poter «stabilizzare» le relazioni con il Cremlino, offrendo collaborazione sul terrorismo e un piano graduale di disarmo. Oggi è costretta, suo malgrado, a dover aggiornare la linea politica, preparandosi a uno scontro con Mosca che non si vedeva dai tempi della Guerra Fredda. Nel 2021 la Russia presenta agli Stati Uniti una lista di richieste: la Nato dovrebbe fermare la sua espansione verso est, negare l’adesione all’Ucraina e annullare il dispiegamento di truppe nel blocco di Paesi — da quelli baltici ai Balcani. Ultimatum respinti da Usa e Nato. La risposta non tarda ad arrivare, le truppe russe sono entrate nei territori delle repubbliche di Donetsk e Lugansk, che la Russia ha riconosciuto come indipendenti il 21 febbraio scorso; ai confini dell’Ucraina 190 mila soldati, oltre a mezzi militari di ogni tipo puntano a occupare la nazione. Per il presidente, russi e ucraini costituiscono un unico popolo. In un saggio pubblicato nel luglio del 2021 — «Sull’unità storica dei russi e degli ucraini» — Putin scrive che la ragione principale per cui russi e ucraini (e anche i bielorussi) sarebbero oggi lo stesso popolo è che tutti sono «discendenti» della «Rus di Kiev», un insieme di tribù slave, baltiche e finniche che nel nono secolo creò un’entità monarchica che comprendeva parte dell’attuale territorio ucraino, bielorusso e russo. L’identità russa, la sua cultura e il suo popolo nascono allora, in territorio ucraino, e solo in seguito si estendono ad altri territori slavi, quelli della Russia attuale. Molti storici oggi sostengono che questa interpretazione della Rus di Kiev debba essere considerata un mito. Non tanto perché la Rus di Kiev non abbia avuto un ruolo nelle varie formazioni che sono venute dopo, quanto perché trarre conclusioni politiche da fatti storici avvenuti oltre un millennio fa è piuttosto irragionevole.

E come ha detto la giornalista ucraina Nataliya Gumenyuk al New Yorker, per il regime di Vladimir Putin non costituisce una minaccia soltanto l’indipendenza dell’Ucraina, ma anche la sua libertà e democrazia, benché imperfette: «Putin si sente offeso e tradito dall’Ucraina e dagli ucraini, non soltanto dal governo ucraino. E penso che per lui sia piuttosto importante provare che no, la democrazia in Ucraina non è davvero genuina, che è stata imposta dall’Occidente.” Lo stesso Occidente sul quale soffiano venti di guerra sempre più rafforzati dallo zar con gli occhi di ghiaccio.