LO STABIESE RAFFAELE VIVIANI

Nacque la notte del 10 gennaio 1888 a Castellammare di Stabia da Teresa Sansone e Raffaele Viviani Il padre vestiarista teatrale, divenne in seguito impresario dell’Arena Margherita di Castellammare di Stabia. Dopo un tracollo finanziario la famiglia, con i piccoli Luisella e Raffaele si trasferì a Napoli e fu lì che il padre fondò alcuni teatrini chiamati Masaniello. Questi piccoli teatri popolarissimi furono la prima scuola d’arte del piccolo Papiluccio (come veniva chiamato in famiglia).

Raffaele la sera si recava con il padre al teatrino di marionette a Porta San Gennaro entusiasmandosi per le avventure di Orlando e di Rinaldo ma era affascinato dal numero finale del tenore comico Gennaro Trengi, famoso per i gilet coloratissimi, tanto che presto imparò tutto il suo repertorio a memoria. Un giorno il Trengi si ammalò e così, Aniello Scarpati impresario del teatrino, spaventato dal dover restituire i soldi del biglietto propose di far esibire il piccolo Raffaele. Fu vestito con l’abito di un “pupo” che la madre raffazzonò alla meglio. Il Trengi perse il posto, la stampa si occupò del piccolo prodigio che “canta canzoni a quattro anni e mezzo”. Ogni sera accorse più gente per vedere il piccolo Papiluccio che presto ebbe una vera paga per quattro spettacoli serali ed otto la domenica. Gli fu affiancata una giovane cantante, Vincenzina Di Capua come duettista. Nel 1900 con la morte del padre quello che Raffaele aveva fatto per divertimento, dovette continuarlo per necessità. Cominciò a lavorare a cinquanta centesimi per sera, che servivano in parte a sfamare la famiglia. Ma subito comprese che, per farsi strada, avrebbe dovuto differenziarsi dagli altri, e cominciò a scrivere canzoni. Furono anni di miseria ma anche di studio e di formazione, si andava formando nella mente del piccolo artista quella visione poetica di un mondo popolare che avrebbe portato poi alla creazione di un suo teatro.

Il primo successo lo ottiene nel 1905 al teatro Petrella, con la canzone O’ scugnizz. Da qui il suo successo a Napoli e in tutta la penisola.
Nel 1912 vince un premio della “Tavola rotonda” con la canzone Ce vevo ‘a coppa, pubblicata da Bideri. Fra le tante canzoni pubblicate si ricordano anche: Bammenella e Quanno iarraie a spusà, ripubblicate nel 1917.

Viviani nel 1917 forma la sua prima compagnia musicale napoletana e nello stesso periodo pubblica libri di memorie, di poesie e di teatro.
Il suo fu un teatro innovatore, diverso: rappresentò  la vita del popolo napoletano, tanto da provocare il disappunto degli italiani benpensanti. In questo si differenziò da Eduardo de Filippo, dalla rappresentazione della sua borghesia.  Viviani diceva: “… per me la bellezza di un’opera risiede nei particolari minori, nella fedeltà del quadro … nell’umanità degli avvenimenti …” . Egli scelse, infatti, come protagonista il popolo autentico, i mendicanti, la plebe, curando i particolari (l’atteggiamento dei volti, le movenze, i suoni della voce) e mostrando attenzione ai fatti minuti della vita quotidiana.Con la censura fascista e i tagli che si effettuavano ai copioni teatrali spesso compariva la nota al margine che autorizzava la rappresentazione solo se recitata da Viviani.

Regista esigente, pretendeva che fosse tutto imparato a memoria e che gli attori rimanessero fedeli al testo.  Curava egli stesso tutte le fasi dello spettacolo, dalla scrittura del testo all’allestimento delle rappresentazioni, dalle prove alla recita.
viviani Negli ultimi anni della sua vita, ammalato, scrisse alle case editrici perché si pubblicasse il suo teatro, ricevendo solo risposte evasive.Nel 1957 in una edizione della ILTE si scopre la diversità e la grandezza del lavoro di Viviani.  Da un ricordo nostalgico della figlia emerge la passione per il teatro che accompagnò la vita di questo straordinario uomo: recitò per l’ultima volta nella sua camera da letto, in un tardo pomeriggio del febbraio 1950. Un mese dopo morì.
A Castellammare di Stabia gli è stata intitolata una strada: sul portone, che dà accesso alla casa in cui nacque, nel 1959 è stata affissa  una lapide. Nella  villa comunale esiste un busto eretto in sua memoria e portano il suo nome una scuola media e un istituto professionale della città.

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