Io mi ricordo il telefono sotto al letto. Mi ricordo che il primo pensiero quando mi svegliavo la mattina, dopo aver tentato di aprire entrambi gli occhi, era quello di vedere se avevo ricevuto un messaggio di risposta.L’amore per me è stato così. Sempre così. Un messaggio. Centinaia di parole scritte, quelle che non osi pronunciare, in comode rate da 160 lettere ognuna. E non era neppure l’alba di *Twitter*.La notte sembrava il momento giusto, al culmine della giornata, per rivelarsi alla persona amata, in un disperato tentativo di sincerità e ricambio. Molti errori, concetti ingarbugliati, ma sentimenti giusti. O almeno così sembrava. E quando calava il sonno, quando chiudevi gli occhi lasciando qualcosa di incompiuto, ti svegliavi il giorno dopo augurandoti che quella persona t’avesse risposto nel modo in cui tu speravi.Gli sms, dopo la corrispondenza e prima di Whatsapp, il servizio di messaggistica istantanea più diffuso tra i nuovi smartphone. Anche io possiedo uno smartphone, lo odio. Non ci capiamo. Non era così con il mio vecchio Nokia 6630. Toccavo i tasti della tastiera immaginando che il mio trasporto potesse arrivare a chi era dall’altra parte del telefono. E quando ciò non avveniva, non ho mai saputo se in realtà quelle mie parole fossero mai giunte e qualche volta non ho nemmeno ricevuto risposta.Con *Whatsapp* è tutto diverso. Io ti scrivo e so che tu mi hai letto. Ed è una tua responsabilità rispondermi o meno. E quando credi che “sembra brutto” esser indifferente, ti puoi sempre nascondere dietro un atteggiamento di sufficienza. Ed essendo così immediati i tempi, la maggior parte delle volte non riesci nemmeno ad esprimerti come volevi perché sai di non poterti celare dietro l’attesa. Rischi di ricevere una risposta fulminea e tu magari non sei pronto.Le sorprese così come gli stravolgimenti, così come la felicità, sono un agguato. E non si è mai preparati dinanzi certe sensazioni nuove. Sarà per questo che adesso ci scriviamo di più e siamo meno sinceri. Per paura di sconvolgerci. Siamo affetti da una strana forma di dipendenza che ci lega agli altri in un ritmo quotidiano che lascia dietro di sé molte di quelle cose che sarebbe il caso di tirar fuori qualche volta.Capita di passare ore a scrivere, lasciarsi con un “ciao” e con quella sensazione di amarezza, di incompleto. “Avrei potuto, avrei voluto…” I più coraggiosi sperano ancora negli incontri rivelatori… “Oggi ti ho scritto quelle cose, ma in realtà avrei voluto dirti che…”La verità è che ci manca il coraggio. Perché non c’è più l’attesa a proteggerci. Quell’attesa fatta di spasmi (“perché non mi risponde?”) ma piena di buoni propositi e buone aspettative. Io credo che ad ognuno di noi sia capitato di sorridere come degli ebeti di fronte al testo di un messaggio ricevuto con ritardo. È la sorpresa, che ti aspettavi però perché eri preparato, ma è pur sempre meraviglia.E hai perso se finisce un altro giorno e il tempo scorre e non sei riuscito a smascherarti. Perché non c’era l’attesa, perché “il non detto” è sempre meglio, perché forse “non se lo meritava”. Non ti rimane che inviare l’ennesima emoticons del cazzo a modi di indifferenza e salutarsi con un “a domani” che suona, sì, come una promessa, ma anche come un’acre consuetudine.È come scappare dalla verità, dai sentimenti, da quella voglia di dire, di dirsi. In amore vince chi fugge. NO. *In amore vince chi ha visualizzato alle e non risponde*.FONTE.INMANOALL ARTE.IT
IN AMORE VINCE CHI SU WHATSAPP VISUALIZZA E NON RISPONDE

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