Matteo Denaro, 30 anni di latitanza sotto il tetto dello Stato

Il 15 Gennaio 1993 a Palermo dopo 24 anni di latitanza, nel corso dell’operazione Belva condotta dal ROS dell’Arma dei Carabinieri viene arrestato il boss corleonese Salvatore Riina.L’11 aprile del 2006, dopo 43 anni di latitanza, veniva arrestato Bernardo Provenzano, l’ultimo capomafia corleonese.

Il 16 Gennaio 2023, l’arresto di Messina Denaro, arrivato a 30 anni di distanza da quello di Riina, e a 17 anni da quello di Provenzano.Quello che accomuna questi uomini, occhi di ghiaccio e anima nera, oltre agli efferati crimini, è la lunga latitanza.

Quel defilarsi all’occhio dello Stato pur stando in casa sua.Il trio infatti ha continuato per anni a svolgere una vita “normale” tra la città di Palermo e paesi limitrofi, che rievocano nomi di personaggi della malavita, come Corleone.

Decenni, anni e anni d’indagini con il nemico alle spalle, protetto da mezza Sicilia poi la svolta.Il boss mafioso Matteo Messina Denaro è stato arrestato dai carabinieri del Ros.

La Primula Rossa, considerato il numero uno tra i latitanti italiani, il più pericoloso, quello capace di uccidere e sciogliere nell’acido l’11enne Giuseppe Di Matteo, figlio del pentito Santino.Regista e mandante delle bombe di Capaci e via D’Amelio, tra il maggio e il luglio 1992 costate la vita ai giudici Paolo Borsellino e Giovanni Falcone, finirà la sua vita in un carcere di massima sicurezza dell’Aquila, condannato all’ergastolo, accusato di decine di omicidi.

Dalle primissime informazioni sarebbe stato arrestato in una clinica privata di Palermo, dove si era recato per sottoporsi alle cure in quanto malato di cancro.Si faceva chiamare Andrea Bonafede, il boss, esibendo la carta d’identità, il codice fiscale, di un’altra persona.

Dati riportati anche nella scheda di accettazione della clinica Maddalena dove c’è scritto “Prestazioni multiple – infusione di sostanze chemioterapiche per tumore”.Per lo Stato fino ad oggi era un latitante invece quello sguardo senza dignità, rivolto al futuro, ha incrociato per anni un mondo: rete di connivenze e sostegni, imprenditori, esponenti politici, della pubblica amministrazione, dottori, su cui Matteo Messina Denaro, “U Siccu”, lo strabico, ha potuto contare, non solamente per potersi curare ma per esercitare nella sua lunga latitanza il controllo del territorio e gestire affari, ricchezze, relazioni.

Soldi, lusso, amante delle donne, spietato, questo è “U Siccu”.Lo Stato, l’Arma dei Carabinieri esultano per la cattura, ma 30 anni sono un pò troppi per assicurare alla giustizia chi viveva ” sotto il tuo stesso tetto”. (N.M.)

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