Ictus: sintomi premonitori e cause

L’icuts si caratterizza per specifici sintomi, che possono presentarsi improvvisamente e che si rivelano come dei segnali premonitori da tenere in considerazione, in modo da poter accedere il più velocemente possibile ad un intervento medico. Da non trascurare nemmeno le cause dell’ictus, in modo da poter puntare su un’adeguata prevenzione.

Nonostante sia stato scoperto un farmaco per limitare i danni dell’ictus al cervello, i sintomi dell’ictus dovrebbero costituire sempre dei segnali d’allarme, in modo che si possa intervenire immediatamente per ridurre le conseguenze fisiche in cui si può incorrere. Fra i sintomi premonitori dell’ictus possiamo ricordare un caratteristico torpore o anche la paralisi che interessa la faccia, una gamba o un braccio. Anche le capacità visive ne risentono, infatti in genere si riscontra uno vero e proprio annebbiamento della vista all’approssimarsi di un ictus. Altri segnali ai quali fare attenzione sono costituiti dal mal di testa che non è rapportabile ad altre cause specifiche, dal perdere improvvisamente la coordinazione dei movimenti e dalle difficoltà che si incontrano nell’esprimersi.

Parlando delle cause dell’ictus, ci si deve riferire soprattutto a quelli che possiamo definire fattori di rischio. Alcuni di questi ultimi sono soggetti a un processo di modifica. Per esempio l’alto livello di colesterolo, di trigliceridi, l’ipertensione e il diabete possono essere tenuti sotto controllo, se riusciamo ad apportare gli adeguati cambiamenti che riguardano il nostro stile di vita: alimentazione e attività fisica sono degli ambiti nei quali si deve agire proprio per limitare il rischio di incorrere in un ictus. Allo stesso modo l’eccessiva quantità di zuccheri presenti nel sangue, l’alcool, il fumo, la vita sedentaria e l’obesità sono tutti elementi che dovrebbero essere eliminati, se vogliamo godere a lungo di un certo benessere.

Negli anziani la depressione aumenta il rischio di ictus. Lo stesso si può dire anche per altri fattori. Ad esempio si è scoperto che la fibrillazione atriale è un altro fattore che aumenta il rischio di ictus. Tuttavia bisogna dire che, mentre in certi casi si può intervenire con dei cambiamenti specifici che riguardano le abitudini alimentari e la pratica di un regolare esercizio fisico, in molte situazioni invece ci si trova di fronte a fattori di rischio non modificabili. In questo senso non bisogna dimenticare che l’età incide notevolmente sul rischio ictus, che si può manifestare soprattutto tra i 65 e gli 80 anni. Inoltre l’ictus tende a colpire più gli uomini che le donne. Un altro elemento da tenere in considerazione è l’ereditarietà: se qualcuno in famiglia ha avuto un ictus, siamo esposti ad un rischio maggiore.

L’ictus ischemico

L’ictus ischemico viene definito anche infarto cerebrale e si verifica quando si ostruisce l’arteria in grado di fornire sangue ricco di ossigeno al cervello. In questo modo accade che le cellule cerebrali, private dell’ossigeno, cominciano ad avviarsi verso la morte. L’ictus ischemico si può verificare a causa di una trombosi, che consiste nella formazione di un coagulo di sangue, o a causa di un’embolia. Quest’ultima si manifesta quando un embolo, ossia un aggregato di materiali, si sposta attraverso il flusso sanguigno ed arriva ad un’arteria del cervello. Una situazione molto simile all’ictus ischemico è costituita dall’attacco ischemico transitorio. In questo caso il blocco del flusso del sangue verso una parte del cervello dura per poco tempo e quindi le cellule cerebrali non riportano danni permanenti. In ogni caso è da tenere presente che, se si è stati soggetti ad un attacco ischemico transitorio, aumentano le probabilità di incorrere in seguito in un ictus vero e proprio.

L’ictus cerebrale

L’ictus cerebrale può essere considerato una delle cause più frequenti di morte o di invalidità che interessa i pazienti adulti. È da specificare che la maggior parte dei casi si verifica nei soggetti che hanno superato i 65 anni, anche se la patologia non è esclusa per gli individui più giovani. L’ictus cerebrale è determinato in genere da un’ischemia, una riduzione del flusso sanguigno al cervello. In alcuni casi si può verificare a causa della rottura di un vaso sanguigno, che determina un’emorragia. L’ictus cerebrale è di solito la conseguenza di una malattia dell’apparato cardiocircolatorio, come ad esempio l’aterosclerosi. Anche l’ipertensionecostituisce uno dei fattori di rischio cardiovascolare, determinando una maggiore probabilità diemorragie cerebrali.

L’ictus emorragico

L’ictus emorragico determina un sanguinamento all’interno del cervello. Il tutto si verifica quando un vaso sanguigno nel cervello “scoppia”. La conseguenza consiste in un danno ai tessuti. Il sanguinamento infatti è capace di irritare il tessuto cerebrale, determinando un ematoma. Inoltre l’emorragia è in grado di aumentare la pressione sul cervello e di premere contro il cranio. Possibili cause di ictus emorragico possono essere costituite da angiopatia amiloide cerebrale,aneurismi, farmaci o droghe.

Gli ospedali migliori e peggiori per il trattamento dell’ictus

Per il trattamento dell’ictus possiamo distinguere gli ospedali migliori e peggiori in Italia, prendendo in considerazione il dato della mortalità a 30 giorni dal ricovero. Sulla base di questo punto le strutture sanitarie migliori sembrano il Presidio Ospedaliero Veris Delli Ponti di Scoranno in Puglia, la casa di cura Clinic Center a Napoli e il Presidio Ospedaliero Barone Romeo di Patti, in provincia di Messina. Questi ospedali registrano una mortalità rispettivamente dell’1,17%, dell’1,35% e dell’1,47%. Percentuali decisamente più alte in termini di mortalità (rispettivamente 25,37%, 25,79% e 35,02%) sono quelle che si riferiscono all’Ospedale De Lellis di Schio in Veneto, al Presidio Ospedaliero N.S. di Bonaria – San Gavino Monreale in Sardegna e all’Ospedale di Civita Castellana nel Lazio.

Prendendo in considerazione le riammissioni ospedaliere a 30 giorni gli ospedali migliori in Italia sono: l’ospedale SS. Pietro – Paolo di Borgosesia in Piemonte (1,55%), il Nuovo Ospedale di Cefalù, in provincia di Palermo (2,39%) e l’ospedale Infermieri di Biella (3,78%). Le strutture sanitarie peggiori invece, indicati da percentuali più alte di riammissioni ospedaliere a 30 giorni, sarebbero: il Presidio Ospedaliero San Rocco di Sessa Aurunca in Campania (27,47%), l’Ospedale di Piedimonte Matese in Campania (28,55%) e L’Ospedale S.M. Misericordia di Urbino (35,64%)

FONTE: tantasalute.it

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